In una delle gole formate dal monte Falerzio, lungo la strada statale che da Vietri sul Mare conduce a Maiori, sorge un altro insediamento rupestre, importantissimo questo per il ciclo pittorico che conserva, tra le poche testimonianze di pittura medievale. La fondazione di questo insediamento risale, secondo l’Ughelli, al periodo in cui era vescovo di Amalfi Leone, quindi tra il 994 e il 1029; infatti fu un eremita, un certo Pietro con il nipote Giovanni, al tempo di questo vescovo, a chiedere di potersi ritirare in questa grotta, in precedenza adibita alla produzione dell’olio (da qui l’epiclesi “Olearia”) per poter intraprendere l’esperienza dell’eremitaggio.
La stratificazione degli edifici di culto, che si è venuta a creare nel corso dei secoli, è strettamente legata alle fasi attraverso cui si è proceduto alla copertura pittorica delle pareti. Il nucleo più antico è quello più in basso (a quota + 10 m dalla strada), detto “catacombe”, e diviso in tre ambienti; di questi il vano più interno è un ossario preceduto da un altro che presenta tre piccole absidi ad E, di cui due interamente affrescate (in una un angelo con una figura che forse è Cristo, nell’altra un santo benedicente, un monaco e S. Giovanni Battista). Il vano antistante questa cappella (la presenza delle tre absidi la configura come tale) presenta sulla parete E un affresco che rappresenta “l’offerente con il modellino della chiesa, un santo, la Vergine ed un santo guerriero (forse S.Giorgio)”. I dipinti si datano, grazie all’analisi stilistica, alla fine del X secolo, anche se quelli del vano antistante la cappella sono leggermente più tardi ed ascrivibili al periodo in cui l’eremita Giovanni, ottenuto il luogo dallo zio Pietro, ingrandì le strutture anche a seguito di un miracolo che lo aveva interessato; l’Ughelli racconta, infatti, che questo giovane, mentre si recava ad Amalfi per vendere ceste di vimini, fu inseguito dal diavolo e per miracolo gli crebbe una lunga barba che lo sottrasse al desiderio del demonio.

Il complesso sicuramente fu ingrandito quando il figlio di Roberto il Guiscardo lo concesse nel 1087 all’abbazia della SS. Trinità di Cava de’Tirreni; a questo periodo dovrebbe risalire la piccola chiesa costruita ad una quota di 4 m più in alto della catacomba e datata da un’iscrizione, presente all’ingresso, (AD MCX) riferibile all’anno di costruzione. La chiesa, orientata ad E, è composta da due vani absidali paralleli ed un altro perpendicolare e va ad incastrarsi nella parte più interna della cavità naturale; presenta un ciclo pittorico che svolge i temi dell’Incarnazione (Annunciazione, Visitazione, Natività, Annuncio ai pastori e Adorazione dei Magi) e della Passione (Crocifissione con i dolenti) arricchiti dalla rappresentazione di Davide e Salomone e i Profeti (Vecchio Testamento). Questa commistione di temi, svolti con scioltezza ed una conoscenza approfondita del ductus bizantino, riconducono la produzione, secondo lo studioso Antonio Braca che si è occupato del ciclo pittorico, all’ambiente benedettino.
Al di sopra della chiesa fu costruita, sicuramente dopo il 1100, una cappella con abside a N e accesso dalla chiesa stessa. Questa cappella, dedicata a S. Nicola, presenta un ciclo di affreschi riferiti a questo santo. Nell’abside è riprodotta la Madonna affiancata da S. Nicola e S. Paolino e sulla parete S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista. Sui lati lunghi, invece, si possono ancora parzialmente leggere le storie della vita di S. Nicola (il santo che salva tre innocenti dalla decapitazione, il santo che appare in sogno all’imperatore Costantino e al governatore Ablavio per liberare tre soldati imprigionati ingiustamente, il santo che libera i marinai dalla tempesta). Nella fascia superiore la solita teoria dei Santi serve a campire di colore tutta la superficie disponibile, mentre successivamente in un riquadro fu dipinta una scena di due pavoni che bevono ad una coppa.
Tutti gli affreschi del complesso di S. Maria de’Olearia sono indicativi del clima culturale ma anche dei sentimenti religiosi (S. Nicola è protettore dei marinai) della Costa d’Amalfi, crocevia di influenze orientali e bizantine e di quelle di ambiente benedettino che si ricollegano all’Abbazia di Cava de’Tirreni.
Interessante è anche cogliere la stratificazione con gli edifici vicini che, adibiti ora ad abitazioni private, dovevano appartenere alla fase di maggior evoluzione monastica (vd. il processo evolutivo da eremo a cenobio). Dopo questa fase il complesso fu interessato da un completo abbandono e solo da un decennio il restauro ha reso possibile nuovamente ammirare il ciclo pittorico.

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