La storia della Chiesa di Santa Maria Assunta è legata a quella del monastero benedettino di Santa Maria, che secondo tradizione una non documentata sarebbe stato eretto in occasione dell’arrivo a Positano dell’icona bizantina della Madonna, ancor oggi venerata nella nostra Chiesa. Più verosimilmente, invece l’abbazia fu fondata nella seconda metà del secolo X; il primo cenno documentale di essa lo ritroviamo in un manoscritto della fine del Esc. XI, con il quale il duca Mansone del Monastero Sergio di Sorrento concedeva all’abate di Santa Maria di Positano la libera navigazione nelle acque del suo ducato.

L’abbazia godette di un grande prestigio fin verso la metà del sec. XV, quando l’ultimo abate benedettino Antonio Acciappaccia di Sorrento, e i suoi monaci, forse spaventati dalle incursioni di predoni cilentani, abbandonarono il monastero. Dopo alcuni anni esso fu affidato a un abate commendatario nella persona di Nicola Miroballi, successivamente eletto arcivescovo di Amalfi. Tra gli abati commendatari che ressero l’abbazia di Positano ricordiamo un tal Federico Borromeo, parente del più celebre Cardinale Borromeo immortalato dal Manzoni, e il Cardinale VincenzoMaria Orsini, divenuto poi Papa Benedetto XIII. Tranne qualche eccezione, il periodo degli abati commendatari fu nefasto per la nostra Chiesa. Del monastero si persero gradualmente finanche le tracce architettoniche, mentre la Chiesa deperiva sempre più, nonostante i continui richiami degli Arcivescovi di Amalfi e un profondo rifacimento cui fu sottoposta nei primi anni del secolo XVII.

L’ultimo abate commendatario, Liborio Marra, napoletano, fu di fatto esautorato dal clero locale che nel 1777 pose mano ai restauri della Chiesa. I lavori durarono circa cinque anni; il 10 agosto 1783 l’Arcivescovo Mons. Antonio Puoti consacrò la Chiesa totalmente rinnovata e il 15 agosto successivo incoronò l’icona della Madonna con una corona d’oro.

L’icona bizantina è verosimilmente giunta a Positano nel sec. XII ad opera dei monaci benedettini, i quali, a bordo delle loro navi, percorrevano le rotte commerciali e di pesca lungo le coste dell’Italia meridionale. Una piccola pergamena, conservata nell’archivio parrocchiale, ricorda la dedicazione della Chiesa ad onore della Beata Vergine Maria ad opera ai Giovanni II Vescovo di Amalfi nell’anno 1159.

La tradizione popolare, invece, vuole che l’icona sia giunta a Positano in modo prodigioso. Essa faceva parte del carico di un veliero che proveniente dalle regioni orientali che, giunto al largo di Positano, incappò in una forte bonaccia che ne fermò il viaggio.

Dopo vari tentativi inutili di proseguire, i marinai sentirono voce:

“Posa, posa”, il capitano interpretò questo prodigio come manifestazione della volontà della Vergine di restare in quel luogo e decise di dirigere la prua verso terra; a quel punto la nave riprese a muoversi. Giunti a riva, i marinai sbarcarono l’icona e la consegnarono agli abitanti di Positano, i quali la elessero loro protettrice erigendo un tempio in suo onore.

Anticamente Positano, era affidata alla protezione del martire San Vito, del quale si conserva un pregevole busto reliquiario, di scuola napoletana del sec. XVI. E’ una delle più pregevoli opere della Costiera Amalfitana. Il capo sbalzato in argento, probabilmente anteriore di un secolo, presenta elementi della scuola dei Laureana; appare eseguita su un modello vivente, come testimoniano le orecchie trattate con individuale naturalezza. La capigliatura presenta larghe ciocche, lisce, con un vivo gioco di piani. Singolare è il trattamento della pupilla negli occhi appena incavati. Il busto è più convenzionale, decorato a grandi “ramages” su fondo sabbiato, inteso come vestito di giubba chiusa da graffe, sopra una camicia con il collo pieghettato. Su di una graffa è incisa la data del 1599. Sulla graffa grande, divise da un calice ed ostia, si legge: SANTE VITE PROTECTOR POSITANI. Sul bordo inferiore del busto vi è l’iscrizione: REGE PHILIPPO TERCIO OPVS HOC COSTRVENDVM CVRARVNT SVMTIBVS CONFRATERNITAS MONTIS CORPORIS CHRISTI GVBERNATORES EIVSDEM – HONORATVS PORCIVS AVRELIVS DVRSO SILVESTRO MIRELLA DOMINICVS REMITA E P. MAX. CLEMENTE OTTAVO –

(Durante il regno di Filippo Terzo con i mezzi della Congregazione del Corpo di Cristo i governatori della stessa: Onorato Porzio, Marco Aurelio D’Urso, Silvestro Mirelli e Dominico Romito fecero fabbricare quest’opera durante il pontificato di Clemente VIII).

La Chiesa così come oggi si presenta al visitatore, salvo alcuni interventi particolari attuati per adeguare il tempio alle indicazioni della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, risale ai lavori compiuti tra il 1777 e il 1782. L’interno è diviso in tre navate con cinque archi ai quali corrispondono, lungo le navate laterali, altrettante cappelle per ciascun lato. Procedendo dall’ingresso verso l’altare maggiore, si susseguono a destra le cappelle di San Biagio, Immacolata, Sant’Antonio e Sant’Anna; all’estremità destra vi è l’altare della Circoncisione con un bel dipinto opera di Fabrizio Santafede datato 1599.

A destra dell’altare maggiore vi è la cappella di Santo Stefano all’interno della quale è custodita la statua lignea settecentesca della Madonna con Bambino.

Sopra l’altare maggiore si erge il tempietto con l’icona bizantina recentemente restaurata; ai lati dell’abside vi è il coro in noce massiccia alle cui estremità due nicchie custodiscono l’Addolorata (a destra) ed un pregevole Cristo alla colonna opera di Michele Trillocco del 1798 (a sinistra).

A sinistra dell’altare maggiore c’è la cappella del SS. Sacramento quindi, all’estremità del transetto, l’altare della Madonna del Carmine con un bel dipinto proveniente dalla Certosa di Serra San Bruno in Calabria. Proseguendo verso l’uscita, lungo la navata sinistra si trovano le cappelle del Crocefisso, dell’Annunziata, di San Vito e di San Nicola di Bari.

Sopra la porta centrale vi è la cantoria con il maestoso organo. A destra un piccolo ambiente custodisce un delizioso fonte battesimale, fatto amorosamente restaurare dall’attuale parroco Don Raffaele Talamo.

Nell’arco di confluenza tra la navata destra e il transetto si può ammirare sul lato destro un pregevole bassorilievo (forse un antico reliquiario di San Vito) datato 1506. Di fronte ad esso un lapide del 1600 che ricorda la nomina ad abate commendatario di Positano del prete napoletano Pirro Giovanni Campanile; la lapide è sormontata da un bassorilievo con lo stemma dell’abate.

In Sacrestia un quadro raffigurante il Cristo con la croce, risalente alla fine del sec. XVI, fino a qualche anno fa collocato sopra l’altare del SS. Sacramento, un tempo sede dell’antica Congregazione o Confraternita del Corpo di Cristo.

Uscendo sul sagrato, a pochi passi dalla Chiesa si erge il campanile, edificato nel 1707 per opera di uno sconosciuto frate cappuccino ricordato in un frammento di lapide che si trova attualmente murata sulla parete esterna della Chiesa lungo la via Vito Savino.

Al disopra della porta del campanile è murato un bassorilievo di epoca medioevale raffigurante un pistice e sopra di esso una lapide posta nel 1902 a ricordo del Positanese FLAVIO GIOIA, inventore della bussola.

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